Emetofobia

Qualche giorno fa mi è capitato di occuparmi di chi ha paura del vomito. Non sapevo nemmeno che esistesse questa fobia, né necessariamente conoscevo questa parola (ἔμετος = vomito e ϕοβία = timore, derivato da ϕοβέομαι = temere), per cui mi sono documentato.
Tanto per cominciare, anche se si è già capito, si tratta della paura di vomitare e anche di vedere altri che lo fanno.
La prima cosa che ho capito è che, come per tutte le cose, e soprattutto per una patologia, la gamma di gravità è estremamente ampio e va da un lieve disagio di scarso impatto nel quotidiano fino all’ossessione di trovarsi in tale situazione che compromette costantemente la vita.
La fobia può tramutarsi addirittura in panico che però poi non finisce col conato, rarissimo, ma solo con l’acquiescenza, l’autoconvinzione che: se calmo la mente e la paura tutto andrà meglio.
Un po’ come racconto spesso per il mal di mare o d’auto perché l’ho sperimentato su me stesso e nel novanta per cento delle situazioni lo risolvo col comportamento (vedi inciso a fianco).
Non è una patologia rara, a quanto ho letto, però chi ne soffre cerca in qualunque modo di non manifestarlo soprattutto per vergogna.

Penso che se ci si trova in un ambiente culturalmente serio, non ci sia niente di cui vergognarsi, ma il difficile sia per i sani trasmettere questa sicurezza in chi ne soffre.

Mal di mare? Ecco come proteggersi

Nel caso del mal di mare dico sempre che bisogna mettersi nella condizione di immedesimarsi nell’andamento delle onde o dei cavalloni e mentalmente anticipare il comportamento del natante: in questo modo l’apparato muscolare si asservisce alla situazione e reagisce quasi involontariamente con proporzionali contrazioni che controbilanciano lo scuotimento dato sia dal rollio che dal beccheggio.

L’ho sperimentato su me stesso soprattutto su natanti di medio piccole dimensioni.
L’impedimento in questo caso è che se si è attivi non si riesce a fare due cose insieme, per esempio governare e compensare; ma molto spesso questa seconda attività è spontanea, quindi come si dice: se sei impegnato a fare cose attinenti la navigazione, difficilmente soffri.

Aggiungere alla terapia detta lo stare possibilmente all’aperto e l’ingurgitare ossigeno con grossi respironi. Tutto però difficile se si è sottocoperta oppure su un enorme nave dove, quando ti muovi, non sai nemmeno dove si trovano prua e poppa, oppure ancora se si sottovaluta il problema e ci si distrae.

Consideriamo però che le grandi navi moderne hanno capaci pinne stabilizzatrici a prua che, attraverso sofisticati modelli matematici, fanno un po’ il mestiere di cui parlavo, cioè di prevedere l’oscillazione e compensarla.

Articoli correlati:

Leggi tutti
  • Un racconto di Alberto Ragazzi. Come in una sorta di evacuazione forzata tutti abbandonavano l’edificio, scendendo le scale

    Continua…
  • E come si manifesta a volte in modo distruttivo, a volte in amore folle, a volte in malefici comportamenti. A volte con la distruzione, che poi è la distruzione

    Continua…
  • Quando nel 2005 abbiamo deciso di esercitare un’attività commerciale in Francia, ci siamo trovati di fronte a procedure amministrative,

    Continua…
  • Inizio di marzo 2020 Da qualche giorno giungono notizie allarmanti sul virus che, arrivando

    Continua…