
Il tempo e la memoria:
Parliamo di Marcel Proust e della Recherce
Mie considerazioni sull’episodio della madeleine all’inizio de “Du côté de chez Swann”, il terzo volume.
(La Madeleine* è una brioche a barchetta molto in uso in Francia)La memoria involontaria (assolutamente casuale) come strumento capace di cogliere la realtà essenziale della vita trascorsa. Mentre la memoria volontaria è sollecitata dalla volontà di ricordare qualcosa di specificamente collocato nel tempo e nello spazio. La memoria involontaria può essere collocata nello spazio, ma raramente nel tempo.
Mentre ascolto la trasmissione “Rai punto di svolta – leggere Marcel Proust” dell’ottimo Edoardo Camurri, prendo appunti e annoto, rielaboro e commento come segue:
- Scrivere è utile per salvare il tempo dall’oblio.
- Il tempo perduto si trasforma, con la scrittura, in tempo ritrovato.
- La memoria è una messa in scena recitata continuamente da noi stessi ad un pubblico che siamo noi stessi: adattando continuamente il testo.
- Il tempo ritorna non solo come racconto, ma come emozione che dà l’impressione di poter sfuggire alla fatalità della fine della vita.
- Il tempo lascia solchi che sono vie di fuga da un punto di vista artistico e non fisico.
- Il tempo è influenzato dalla relatività di Einstein e dalla concezione temporale di Bergson.
Il tempo: influenza della relatività
Attraverso la scrittura si raccoglie il tempo perduto e lo si trasforma in tempo ritrovato.
Per questo recupero, più che la memoria volontaria della successione degli eventi, è importante la memoria involontaria, quella cioè che fa riaffiorare sapori, odori, suoni, sensazioni, percezioni tattili, scorci scenografici di natura e di contesti umani che riportano ad un vissuto che è archiviato nei recessi della mente.
Per buon esempio, Proust racconta che una volta la visione di una rosa lo bloccò e lo estraniò dagli altri che aveva intorno; si scusò poi della sua improvvisa astrazione ma fu rapito da quell’improvvisa attrazione verso la rosa che rappresentava una via d’entrata segreta nella memoria.
La memoria involontaria, contrapposta, cioè che non coincide, a quella dell’intelligenza è facilmente riconducibile all’intermittenza del cuore, del sentimento. E da qui ne deduciamo che il calendario dei fatti non coincide col calendario dei sentimenti.
Secondo Proust la vita è una disillusione continua, sui nomi che non coincidono coi fatti, sull’amicizia, sull’amore, che in realtà è solo desiderio di ciò che è assente (e quindi, una volta reso presente perde d’interesse).
Altra disillusione viene dai membri dell’aristocrazia, che Proust ha creduto protagonisti, mentre non sono che personaggi minori.
Proust è attento e osserva tutto, e dietro lo straordinario splendore della Francia roboante vede la normalità, le inadeguatezze, quasi la banalità della vita dei nobili e la riscrive tramutandone i difetti in virtù e le loda, le virtù, riportandole come avrebbero dovute essere e quindi mettendo per iscritto ideali invece di cronache reali.
Fu per questa sua abilità di lacché che, anche se non era estremamente simpatico, veniva ricevuto nei salotti: nei giorni successivi ai ricevimenti scriveva superbi resoconti su Le Figaro.
Proust si chiede: quale illusione non si trasforma in disillusione per render vivibile la vita?
L’amore, come la mondanità è un’altra illusione. L’amore è gelosia.
Ogni singola parola per il geloso diviene un sintomo che porta ad elaborazioni buie e negative.
Durante tutta l’opera Proust fa l’inquisitore ed è come se facesse un enorme continuo interrogatorio alla vita cercando di tirarle fuori la sua verità.
L’arte è l’unico strumento per scoprire il senso della vita. L’arte ci allontana dall’abitudine e ci fa veder l’intima essenza delle situazioni rappresentate.
Alla continuità temporale vanno preferite le intermittenze del cuore.
Bisogna registrare subito le memorie e codificarle: più passa il tempo e più stimoli sono necessari.
La ricostruzione dell’autobiografia contribuisce a dare una dimensione costante alla nostra identità.
Se la mia memoria fosse in grado di ricostruire tutti i particolari del passato sarei capace di ricondurre il tempo alla sua dimensione.
La memoria deve necessariamente dimenticare qualcosa per potersi chiamare memoria, sennò si chiama tempo e non è più interessante.
Vale richiamare anche il neuroscienziato Alberto Oliverio che richiama il seguente concetto: con il passar del tempo per certi ricordi si fa fatica a rammentare se sono realmente proprio nostri: …l’abbiamo visto al cinema, …ce l’ha raccontato qualcuno, …l’abbiamo letto in un romanzo, …in un articolo, …l’abbiamo vissuto!
E più s’invecchia e più il ricordo e la fonte si disperdono.
A questo proposito riporto la mia esperienza personale che mi fa notare che non solo l’età, ma anche la trascrizione spinge verso la dimenticanza. Un po’ come se l’argine che trattiene il ricordo si sia rotto e il contenuto si sia disperso verso il niente.
Inoltre questo dimostra che gli elementi della memoria non sono fissi, ma vanno di continuo rielaborate.
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* Madeleine è un dolce soffice che si usa normalmente alla prima colazione. Prende il nome, secondo quanto si tramanda, da quello della pasticcera che la fece assaggiare a Louis XV durante una sua permanenza allo Chateau de Commercy in Lorena. È soffice come un pandispagna ed ha forme e taglie svariate; le più in voga sono la forma a barchetta e quella a conchiglia.
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