Proprio oggi, 25 aprile, penso che non ci si soffermi mai a meditare sulla nostra patria.
Mi soffermo e subito mi rigurgitano dalla memoria automatica, che gli studi obbligarono a farcire, testi di chi già ha meditato e agito e combattuto e realizzato e sofferto per questa patria che troppo spesso riteniamo ingrata; ma, pensiamoci bene, siamo proprio noi stessi a condizionarne le scelte e le capacità di sopravvivenza, di illusione e di felicità.

E tra quelli che già furono – oltre che cantori di amore viscerale anche interpreti di un sentire comune che troppo spesso non è riuscito a farsi strada per colpa della generalizzazione della sottocultura, tout-court di un’ignoranza assassina del bello e del felice – si fanno a strada nella mia mente

  • Petrarca, Italia mia benché il parlar…,
  • Leopardi all’Italia, e
  • De Gregori con la più recente Viva l’Italia ma che al di là della sonora ricorrenza delle parole Italia e viva ricorda, subliminal­mente o meno, tanti fatti e atteggiamenti che da una parte condizionano e dall’altra corroborano l’amore per la nostra patria.

Sì, perché il nostro è un amore smisurato, che non sono riuscito a trovare così spinto in altre culture, è on/off, in una parola: è.

Il nostro è un amore di cultura, un amore di carne lacerata, di solchi sulla pelle, di urlo che sale dalle viscere, di lacrime spontanee, di abbracci stritolanti, di risucchio di spirito e di materia, di orizzonti infiniti, di bontà infinita, di godimento fisico, di orgasmo permanente e di coitus interruptus, di sentimento verace come le nostre vongole, di cucina orgogliosa, di vini generosi, di sole sorridente, di notti infaticabili, di sudori grondanti e sapidi, di serenate lacrimose e struggenti, di lardo di Colonnata e dell’Agro Romano, di mediazione gesticolante, di contese per un nonnulla, di abbaiate inutili, di dispute sanguinose, di franche riconciliazioni,

E quante volte ci siamo ritrovati con Gaber a sentirci non italiani per poi un attimo, anzi un attimino, dopo scamiciarci mostrando il petto e indicando il cuore pronti a tutto pur di difendere un’originalità, un’identità che nessuno al mondo sa sentire come sappiamo noi.

E tutto questo florilegio di sentimenti, perché tali sono, mi fa sgorgar lacrime di commozione e forse di rabbia che salano le ferite e non le bendano amorevolmente.

Poi mi riscalmàno per un’inezia, ma in cui credo con tutto me stesso, ma dieci minuti dopo mi fanno cambiare idea e allora le braccia cadono lungo il corpo affrante e sconsolate, ma rialzo lo sguardo e giro, giro con gli occhi e trovo ancora qualcosa per cui rimettermi a combattere e via di nuovo con l’entusiasmo e la mano che lentamente ma determinata risolleva i risvolti della camicia per rimetter a nudo i tendini tesi delle braccia che sono pronti ad affermare di nuovo una felicità sfuggente e un incosciente dolore che poi tutti ci facciamo strappare troppo facilmente di mano da beceri ciarlatani, che siamo poi sempre noi stessi che ce li costruiamo, incoscienti come sempre, più immersi nella lotta entusiasta che nella realtà che chiamerebbe un sano – o malsano? – cinismo. Ma ne siamo incapaci.

E allora di nuovo ridiventiamo Partigiani a difesa dei nostri principi radicati, maternamente avviluppati al nostro cuore, alla nostra anima, al nostro essere e siamo a volerci infelici per poter reagire.

Senza l’infelicità vissuta, non inseguiremmo felicità fugaci!

E solo noi sappiamo quanto questa patria vogliamo che sia l’Europa intera, quella che a colpi d’imperialismo i Romani – quelli antichi però – ci indicarono come Terra nostra e Mare nostrum. Nostra non per possesso, ma per viverla armoniosamente e in simpatia dì per dì.

Finisco con un’osservazione di Leopardi, visto che lo troviamo in queste pagine e serve anche a sottolineare come la storia si ripete sempre ciclicamente come ci sprona a considerare G.B. Vico. “La storia dell’uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all’eccesso di civiltà, e finalmente alla barbarie, e poi da capo”.

Con salute, come diceva mio nonno!

Articoli correlati:

Leggi tutti
  • Ho voluto comprarmi il libro di poesie della sodale di FB Viviana Viviani. Al termine della lettura, mi è uscita questa paginetta di commento.

    Continua…
  • Mentre scrivevo un post su Facebook concernente l’inno nazionale non cantato dai privilegiati spettatori della tradizionale Prima di Sant’Ambrogio alla Scala

    Continua…
  • Ne abbiamo sentito parlare la prima volta quando abbiamo studiato il Manzoni. E poi l’abbiamo incontrato tante volte,

    Continua…
  • Floruit Raramente ho incontrato in Italiano questa parola che dalla sua origine latina si è trasferita sic et simpliciter nell’italiano dotto.

    Continua…