Lunghi silenzi, brevi sproloqui
a bordone di vita
inquieta, irrequieta.

Scolorisco il passato
che sempre più buio
rinviene nei sogni
allugubra l’alba
rotola rumoroso
romor di rovina
raschia pelle
riarsa, rugosa.

Rasata, la vita,
riallinea
colline
d’ospedali stracarichi
strascinanti strumenti logorati dal pianto
dal bianco
dal candido annerito
da fuliggini misteriose
che scrivono
cantando canzoni turpi a dileggio dell’oggi
a sete di domani

incalzando su rocce battute dall’onda di sempre
che risacca si fa
che beffa si fa
che cinica diviene arrotolando sassi
fino a sabbia fina
che abrade passato
e mescola cementi di presente
per vivere un futuro che ormai non è più
richiamato a schiocco che sveglia
e riporta a realtà aduse ma invisibili all’alba
in cerca di tramonti

per domani diversi
che poi monotoni tornano
incrociando gameti di probità e di odio.

Anima avanti, macchina indietro!
fiato corto e canali corrivi
dove i passi silenziano i pensieri
e cavano osservazioni del perenne
son regolari e ripetono:
A dopo! A dopo!
A dopo che?
Oggi reagisce come marea montante
quattro, otto, dieci, dodici
metri più su
c’è il salice che sfiora l’acqua e l’umor.

E calendule intorno
sorridono e girano lo sguardo
verso le mura

della città santa,
No!
sacra.

Auguri di primavera per estati già finite
in attesa d’inverni sobri e pungenti.

A domani,
no!
Alla prossima.

Vannes 25-8-2017 07:00

© 2022 albertoragazzi.com

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