Il dativo etico

Il dativo etico enfatizza un coinvolgimento emotivo nell’espressione in cui lo poniamo usando un pronome.

Esempio: cosa mi inventi?, cosa ci racconti?

Si usa precipuamente per le prime persone singolari e plurali. Ma regge bene anche le altre persone.

L’uso appropriato è semanticamente apprezzabile e caratterizza la frase dandogli la giusta sfumatura enfatica.
L’abuso che oggi se ne fa lo rende spesso pleonastico e quasi obbliga quel coinvolgimento anche quando non ce ne sarebbe il bisogno.

Si tramuta allora, a mio parere, in un’affermazione di potere: ricordate il medico Verdone in “Viaggi di nozze”? “… e allora mi prenda il Fermentil…”; oppure quando nelle trasmissioni di cucina si danno le ricette con “… mi aggiunge un pizzico di peperoncino…”, “… mi stende la pasta…”, “… mi impiatta (altro orribile neologismo! che però mi richiama tanto il mio bel toscano rimpiattare, quello sì, molto bello)”?

Ecco questi sono abusi che deturpano l’Italiano e si devono evitare, come l’enfasi ormai dilagante delle espressioni: “…assolutamente sì!” o “…assolutamente no!“.

Quasi avessimo paura di non essere capiti o apprezzati e quindi ricorressimo all’enfasi che trasforma la nostra voce pacata in urlo sguaiato e sgangherato.

Perché ho detto potere? Perché, a mio parere, nel rivolgersi a qualcuno con il dativo etico si esercita una sottile coercizione, si crea una velata sudditanza o minaccia, come a dire “fallo per sottoporlo a mio giudizio”.

È un po’ come l’americano (non voglio dire inglese, perché gli inglesi, anche nel loro imperialismo hanno sempre avuto più stile) “what can I do for you?” dove è chiaro che se vieni da me hai bisogno di qualcosa, e, se hai bisogno di qualcosa, sei in mio potere.

Odioso atteggiamento!

Molto più elegante, anche se nella sostanza non cambia niente, “what would you like?” Che indica una maggior disponibilità ad aiutare senza mettere subito un’ipoteca sul piacere che sto per farti.
Se traduciamo alla lettera in italiano abbiamo esattamente le stesse sfumature interpretative.
Cosa posso fare per te?” e “Cosa vorresti?” hanno apparentemente lo stesso significato, ma realmente abissale è la sottigliezza in termini di potere esercitato.

Sarò troppo delicato o sofisticato? Sì, lo sono, ma il rispetto non lo baratto con niente, costi quel che costi.

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