
Ma parliamone di questa formula elettorale che un giorno sembra pendere più verso il sistema Maggioritario e il giorno dopo invece più verso il metodo Proporzionale.
È ben evidente che la formula che abbiamo oggi, il cosiddetto Rosatellum, che non prende il nome da un piacevole e fresco vino da aperitivo ma da un signore che si chiama Rosato e che l’ha cervelloticamente elaborata e proposta, è una vera e propria porcheria che con contorsioni da circo equestre cerca di fare contenti tutti, ma in fin dei conti non contenta nessuno!
E l’abbiamo visto con la consultazione legislativa del 25 settembre 2022 per la quale c’è stata l’aggravante dell’applicazione, per la prima volta, della riduzione dei parlamentari.
Ritengo che il Proporzionale puro sia un’idiozia. Perché?
Premettiamo che la discussione deve essere posta con l’occhio del costituente, cioè di chi prescinde da qualsiasi interesse di partito, ma che vuole che la macchina statale funzioni nella maniera più fluida possibile favorendo il risultato del bene della società e dei suoi soci, che sono i cittadini.
Gli eletti, che vengono delegati ad amministrare devono in prima istanza trovare le soluzioni migliori per generare quel prodotto ottimale che è il servizio alla cittadinanza, l’eliminazione degli intoppi burocratici, il massimo risultato con il minor dispendio di risorse. Risorse che sono rappresentate dagli introiti, che provengono dalle tasse e dalle imposte, dirette o indirette; deve impegnarsi, l’eletto, per far sì che non ci siano dispersioni, che non ci siano indebiti interventi che fuorviano comportamenti e denaro e risorse in generale, ma che tutto sia convogliato al famoso supremo scopo che il bene sociale.
È ovvio che ho fatto un quadro della comunità ideale e democratica pura, di una polis utopica e forse anche noiosa, sicuramente impossibile da ottenere per la natura umana stessa che ha quell’innato egoismo che porta ad invadere con leggerezza i campi delle libertà altrui: la mia libertà comincia dove finisce la tua e non è ammessa l’invasione.
Quindi è necessario l’homo politicus che attraverso la fermezza e la mediazione trovi le soluzioni che accontentino tutte le visioni date dalle dottrine e dagli interessi individuali e di categoria.
Per ottenere una seria rappresentanza, ché i cittadini non possono tutti essere contemporaneamente al potere, né potrebbe essere ipotizzabile un’assemblea permanete della completa popolazione, si ricorre alla rappresentanza che, partendo dalla base, faccia convergere l’esecuzione di idee parzialmente o totalmente condivise su personaggi che sappiano tirare di scherma con altri rappresentanti per arrivare all’equilibrio costruttivo.
Per ottenere questo ci sono le elezioni che fanno convergere questa fiducia, basata su principi e su caratteristiche individuali, su individui che possano rappresentare con capacità di affermazione in un’assemblea di tutti gli eletti. Ecco il luogo deputato a questa nobile e importante funzione è il Parlamento.
C’è un però che ci viene insegnato dalla Storia, la mediazione si deve ottenere quanto esiste il confronto tra tutte le componenti ideologiche che compongono la società, ma spesso – sfruttiamo qui il proverbio latino tot capita tot sententiae – questo non riesce così facilmente perché si tornerebbe all’origine di essere ognuno rappresentante di se stesso. Ecco che le aggregazioni divengono quelli che oggi chiamiamo i partiti e sono quegli organismi che generalizzando le idee, mettono sotto un unico cappello aggregazioni di persone che hanno sentire simile e soprattutto tendono a metodi organizzativi simili per affrontare le problematiche del vivere in comunità.
Ma torniamo alla rappresentanza.
1 – Il metodo Proporzionale
Come facciamo a estrarre dal popolo la rappresentanza di cui abbiamo parlato? Semplice, usiamo l’ostrakón, ossia scegliamo mediante aggregazioni di indicazioni chi vogliamo che ci rappresenti. Ecco le elezioni. Che se agiamo in piccolo possono essere considerati singoli voti che vengono contati rapidamente e che chi più ha ricevuto consensi ha il mandato, per un certo periodo di tempo, di esaminare i problemi e decidere il da farsi trasformando queste decisioni in norme che si applicheranno alla società per garantire che il meccanismo di amministrazione muova fluidamente e porti a tutti il benessere che si aspetta.
Dopo un certo tempo, misurato in spazi che siano adeguati al completare l’azione legislativa e quella amministrativa, coloro che avevano delegato a suo tempo torneranno a giudicare se la delega ha prodotto i risultati attesi, o se invece il delegato non ha saputo mettere l’impegno che lui stesso aveva promesso, per trovare soluzioni universalmente utili. Quindi il cittadino ha il voto che gli permette di confermare coloro che hanno ben lavorato e di allontanare coloro che non hanno dimostrato con i risultati la loro capacità di conseguire risultati.
È inutile che descriviamo la dialettica che porta a quel giudizio, ma consideriamo che tutti gli eletti saranno in prima fila per dimostrare d’aver ben fatto e che il non-ben-fatto ha delle giustificazioni per le difficoltà che nessuno avrebbe saputo sormontare. E se-mi-dài-ancora-il-voto-farò-meglio.
Vediamo ora il parlamento e il meccanismo di formazione di questa compagine. Abbiamo detto che evidentemente non tutti i cittadini possono sedere in parlamento per rappresentarsi singolarmente e quindi c’è lo strumento delle elezioni che permette di scegliere i delegati. Ma anche nella compagine creata con questa riduzione della rappresentanza bisogna che si combinino le idee comuni ed ecco che nascono le aggregazioni delle aggregazioni: le alleanze tra aree consimili. Poi ci si conta e chi raggiunge la maggioranza richiesta decide per tutti. Questa è la democrazia. Tutto questo discorso ci ha portato a individuare il momento in cui questa aggregazione, che si chiama maggioranza, deve essere costituita e considerata monolitica seppur con le sfumature di cui parlavamo prima.
Andiamo al pratico. Se ci si offre al popolo per il voto ognuno con la sua organizzazione si otterranno dei voti che, una volta contati, daranno la proporzione della forza sul totale dei votanti e con dei sistemi di conteggio abbastanza semplici si attribuiranno i seggi parlamentari in funzione della proporzione di ogni forza nel paese.
Già qui si deve comunque un po’ complicare la situazione escludendo dal consesso parlamentarea chi non ha ottenuto almeno un quantitativo di voti realmente rappresentativo. Questo si chiama la soglia minima che oscilla nei vari paesi democratici su percentuali di pochi punti: cioè se hai preso, poniamo meno del 4% dei voti la tua forza non ha diritto di essere rappresentata. Neghiamo così forse il diritto di rappresentanza? In linea di principio, sì, ma in termini pratici viene ridotta la necessità di rappresentare anche le parti costituite da pochi elettori. Gioco vuole che questi pochi elettori, cittadini, trovino un cappello diverso, ma strettamente affine, sotto cui militare per cercare la rappresentatività.
La prevalenza di un’idea piuttosto che un’altra sarà delegata alla discussione interna. A valle delle elezioni, cioè dopo che ci si è contati, si cerca una maggioranza nell’ambito del parlamento che dovrà governare con la sicurezza di poter operare senza troppi scossoni per un certo periodo di tempo che può variare dai quattro ai cinque anni, ragionevole per amministrare con risultati.
Ma ecco che dopo le elezioni bisogna trovarla, questa maggioranza, ed ecco che i balletti si susseguono e durante questi si dimenticano le promesse fatte a chi ha dato il voto e si cura soprattutto l’interesse al mantenimento e al rafforzamento del potere. Queste trattative sono difficili, lunghe e fanno perdere tempo all’attività amministrativa, senza contare che la trattativa normalmente si sposta sulla suddivisione delle cosiddette poltrone, quindi della spartizione del potere.
Se non si ottiene quanto ci permetterà di perpetuare il potere, gli atori sono disposti a smontare e ribaltare accordi anche ingarbugliati e difficilmente raggiunti. Si creano molto spesso maggioranze alternative e imprevedibili al momento del voto o, se non è possibile si torna a votare. Ecco questo è il quadro che crea un sistema Proporzionale, che per quanto possa essere corretto, è sempre proporzionale. Cioè, riassumendo, ognuno si butta allo sbaraglio prima delle elezioni e poi si vede dopo come aggregarsi solo in funzione del potere da conquistare o mantenere. È evidente l’instabilità di governo che questo sistema innesca.
Vediamo ora un sistema Maggioritario.
2 – Il metodo Maggioritario
Fermi restando tutti gli scopi della rappresentatività e tutte le considerazioni che su questa abbiamo fatto, descriviamo il Maggioritario come quel sistema che praticamente obbliga a formare le alleanze elettorali prima delle elezioni. Quindi contrariamente al Proporzionale dove si gioca con i parlamentari già eletti e programmi individuali, nel Maggioritario si gioca con alleanze pre-formate e programmi già consolidati nelle coalizioni.
A mio giudizio il metodo Maggioritario dà maggiore stabilità e aumenta la probabilità che la durata della legislatura sia quella costituzionalmente prevista. Coloro che vincono col Maggioritario avranno i numeri per garantirsi tranquillità nelle decisioni e si sottoporranno al giudizio degli elettori a fine mandato. Il lavoro parlamentare sarà tutto devoluto a legiferare e scarso sarà il tempo dedicato alla difesa dalle aggressioni destabilizzanti e dagli agguati per lo scarto numerico tra maggioranza e minoranza.
Se poi si adotta il Maggioritario a doppio turno come si usa in Francia, si offre anche agli elettori un periodo di riflessione tra il primo e il secondo turno per rendere più ragionata la scelta.
Quando nel 2005 abbiamo deciso di esercitare un’attività commerciale in Francia, ci siamo trovati di fronte a procedure amministrative,
…mi sono chiesto oggi, risalendo lentamente via Assarotti. Ed ho cominciato a snocciolare mentalmente i vari gradi della piramide organizzativa delle attività statali
“La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?”. Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente